Il presente contributo esamina il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione Sez. V n. 22757 del 12 settembre 2019, nella quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su una controversia avente ad oggetto il recupero delle imposte di registro, ipotecaria e catastale per l’anno 2012 che l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto dovute dalla società contribuente in liquidazione, per aver costituito un trust, denominato “Trust di garanzia” a favore dei creditori della società stessa. Nel suddetto trust erano stati conferiti determinati immobili al fine di garantire la massa dei creditori sociali, in vista dell’ammissione della società alla procedura di concordato preventivo. A tal fine era stata fissata una durata predeterminata ed un vincolo di destinazione, inoltre la società era stata nominata trustee e il notaio rogante aveva provveduto all'autoliquidazione delle imposte sopra indicate in misura fissa. L’Agenzia delle Entrate aveva, invece, ritenuto applicabile l’imposta proporzionale, con aliquota dell’8%. La Corte con la sentenza in commento ribadisce due importanti orientamenti, oramai consolidati; ossia: Pertanto, dalla sentenza in oggetto si può estrapolare la seguente massima: “l'atto costitutivo di un Trust autodichiarato, in cui soggetto disponente ed il trustee vengono a coincidere nello stesso soggetto, costituito da una S.p.a. posta in liquidazione a garanzia dei propri creditori, sconta l'imposizione in misura fissa in quanto manca il presupposto impositivo del reale arricchimento, essendo i beni in trust vincolati al soddisfacimento dei creditori della disponente.” Le motivazioni della Cassazione sono numerose e traggono spunto sia da una analisi della struttura del trust quale “negozio giuridico” [§ 7.1] così come emerge dalla Convenzione dell’Aja dell’1º luglio 1985 (ratificata con L. n. 364 del 1989); sia da una analisi della disciplina fiscale che ha come norma di riferimento, per quanto concerne le imposte indirette, il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006. In merito alla struttura del trust, nonostante la Corte affermi la possibilità di utilizzo per finalità eterogenee (di famiglia, di garanzia, di liquidazione, di solidarietà etc..) e nonostante sostenga che possa essere costituito in molteplici maniere dal punto di vista negoziale-strumentale, individua comunque dei “fattori individualizzanti comuni” [§ 7.1] in grado di poter rispondere a questioni fiscali in maniera omogenea. In merito all’aspetto fiscale la Corte richiama un suo orientamento previgente [Cass. Sent. n. 1131 del 2019] il quale sostiene che "non si può trarre dallo scarno disposto del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, il fondamento normativo di un'autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella”. Nonostante si riconosca che nel “genere degli atti di costituzione di vincoli di destinazione” di cui al cit. art. 2 c. 47, rientri anche la specie del trust, la Corte precisa pero che “tale inclusione, tuttavia, non è ritenuta bastevole a giustificare l’imposizione del trust in quanto tale, ostandovi principalmente considerazioni di natura costituzionale”. E questo perché la tesi della nuova imposta gravante sul vincolo di destinazione “non da adeguatamente conto del fatto che la sola apposizione del vincolo non comporta, di per sé, incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza”. La Corte precisa, infatti, che il presupposto impositivo deve muoversi in un ambito “di ragionevolezza e di non-arbitrio”, posto che la capacità contributiva “esige l’oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza”. E tale indice “non prende consistenza prima che il trust abbia attuato la propria funzione”. L’utilità del trust, infine, non concreta, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale né in capo al disponente né in capo al trustee, ma soltanto in capo al beneficiario finale e questo “se” e “quando” il trust abbia effettivo compimento. Analoghe considerazioni valgono anche per l’imposta ipotecaria e catastale sui trasferimenti immobiliari di dotazione del trust. Inoltre, richiamando ancora una volta un suo orientamento, la Corte precisa che “il trasferimento del bene dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ri-trasferimento ai beneficiari del trust: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all'imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale.”. In conclusione, si può quindi affermare che: - “la costituzione del vincolo di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, con v. in L. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione; - per l'applicazione dell'imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale; - nel trust di cui alla L. n. 364 del 1989, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Aja 1º luglio 1985, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile, né nell'atto istitutivo, né nell'atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee - in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione - ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo. Nell'ipotesi di specie, manca il presupposto impositivo del reale arricchimento effettuato attraverso un effettivo trasferimento di beni e diritti come richiesto dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 1. I beni conferiti, gestiti dalla stessa società contribuente, in qualità di trustee, sono vincolati al soddisfacimento dei creditori; il soggetto conferente, cd settlor, ed il trustee coincidono e non risulta realizzato alcun arricchimento in favore di beneficiari”[§ 7.5].