Con la risposta n. 628 del 29 dicembre 2020 l’Agenzia delle Entrate è entrata nel merito del regime IVA applicabile alle prestazioni di servizi rese nei confronti di una società autorizzata alla gestione dei c.d. “fondi di investimento alternativi” (FIA). Nel caso di specie, l’istante, società di gestione di fondi di investimento alternativi chiusi mobiliari – riservati a investitori internazionali qualificati, come fondi pensione, imprese di assicurazione e banche – ha chiesto all’Amministrazione finanziaria se i servizi di consulenza prestati da una propria controllata estera rientrassero nell’ambito di applicazione dell’art. 10 comma 1, n. 1) del D.P.R. n. 633/1972. Tale ultima disposizione esenta da IVA, tra le altre, anche l’attività di “gestione di fondi comuni di investimento”, assumendo così una valenza oggettiva. Essa, infatti, si rende applicabile a tutte le operazioni che attengono, nello specifico, all’attività degli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), a nulla rilevando la qualifica del prestatore dei servizi – il quale può, pertanto, essere un soggetto diverso rispetto alla società di gestione del risparmio (SGR). L’Agenzia, nella risposta in esame, ha chiarito che anche i FIA possono beneficiare del predetto regime di esenzione IVA, ma solo nel caso in cui sussistano i presupposti indicati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Nello specifico, secondo il giudice comunitario, il regime di esenzione trova applicazione nei casi in cui i servizi prestati dal soggetto terzo formano “un insieme indistinto, valutato globalmente, che abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali” del servizio di gestione di un fondo comune di investimento (cfr sentenza del 4 maggio 2006, causa C-169/04, Abbey National; sentenza del 19 luglio 2012, causa C-44/11, Deutsche Bank; sentenza del 13 marzo 2014, causa C-464/12, ATP PensioneService A/S). La Corte nel tempo ha specificato, a tal proposito, che sono ricompresi nella nozione di “fondi comuni di investimento” sia i c.d. “organismi di investimento collettivo in valori mobiliari” (OICVM) – disciplinati per la prima volta a livello unionale dalla Direttiva c.d. “UCITS” (Direttiva 85/611/CEE) – che hanno per oggetto esclusivo l’investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il pubblico, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi e le cui quote sono, a richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, in via diretta o indiretta, a carico del patrimonio di detti organismi; sia soggetti che, pur non costituendo un OICVM, presentano caratteristiche ed effettuano operazioni identiche o, quantomeno, comparabili a questi ultimi. In tal modo, i FIA possono essere comparati agli OICVM in presenza delle seguenti caratteristiche: in primo luogo, gli stessi devono essere sottoposti a “vigilanza statale specifica”; inoltre, essi devono essere partecipati da più investitori che abbiano diritto ai benefici o che sopportino il rischio correlato alla relativa gestione; e, infine, il rendimento dell’investimento realizzato deve dipendere esclusivamente dai risultati della gestione del fondo medesimo. Pertanto, alla luce di tutto quanto sopra premesso, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che, nel caso concreto, i servizi resi dell’Advisor, in quanto prestazioni “intrinsecamente connesse” nonché funzionali all’attività di gestione propria della SGR, possono sì beneficiare del regime di esenzione, ma ciò solo nella misura in cui i FIA rientrino tra i fondi equiparabili agli OICVM, alla luce dei principi interpretativi espressi dalla giurisprudenza comunitaria. A nostro avviso la conclusione a cui perviene l’Agenzia, pur se formalmente corretta, muove da considerazioni non chiare e da una poco attenta lettura dell’evoluzione della disciplina – sia comunitaria, sia interna – relativa agli organismi di investimento collettivo del risparmio. È bene ricordare, sul punto, che il regime di esenzione IVA è stato previsto a livello comunitario dall’art. 135, par. 1, lett. g) della c.d. “Direttiva IVA” (Direttiva 2006/112/CE) in cui è confluita, senza alcuna modifica sostanziale, la disposizione dettata dall’art. 13, parte B, lett. d), punto 6 della c.d. “Sesta Direttiva” (Direttiva 77/388/CE). In virtù di detta previsione, l’esenzione è applicabile alle prestazioni di servizi che presentano due requisiti fondamentali: per un verso, dal punto di vista oggettivo, le prestazioni in oggetto devono rientrare nella nozione di “gestione” di organismi di investimento collettivo del risparmio; per altro verso, dal punto di vista soggettivo, le ridette prestazioni devono essere rese nei confronti di “fondi comuni di investimento”, come definiti dagli Stati membri. A ben vedere, però, il summenzionato potere di definizione a opera degli Stati membri è venuto progressivamente a ridursi, dapprima per il tramite della c.d. “Direttiva UCITS IV” (Direttiva 2009/65/CE) – che ha introdotto una disciplina comune degli OICVM, modificando la Direttiva 85/611/CEE – e, poi, con la c.d. “Direttiva AIFM” (Direttiva 2011/61/UE) – che, invece, ha delineato alcune disposizioni comuni in materia di autorizzazione e vigilanza dei gestori di FIA. A seguito del recepimento della Direttiva AIFM (a opera del D. Lgs. n. 44/2014, accompagnato dal regolamento di cui al D.M. n. 30/2015), la nozione generale di OICR, prevista nel nostro ordinamento dal Testo Unico della Finanza, ricomprende ora, al suo interno, sia gli OICVM di cui alla sopra richiamata Direttiva UCITS, sia gli organismi “alternativi” di cui alla stessa Direttiva AIFM. Quest’ultima e le relative norme di attuazione hanno, difatti, definito un quadro regolamentare e di vigilanza comune della materia del risparmio gestito, avendo disciplinato in maniera uniforme aspetti che, in precedenza, risultavano lasciati alla discrezionalità delle singole legislazioni nazionali. Sono state, così, incluse nel perimetro della disciplina tutte le entità non direttamente riconducibili alla definizione di OICVM “armonizzato” ma che, comunque, svolgono attività di raccolta di capitale da una pluralità di investitori e seguono una politica di investimento predeterminata. Ne è derivato un set di regole generali da applicare alla prestazione del servizio di gestione collettiva indipendentemente dalla tipologia di OICR gestito. Inoltre, con la successiva introduzione della Direttiva c.d. UCITS V 2014/91/UE – e il conseguente recepimento della stessa nell’ordinamento italiano – è stato compiuto un importante (se non definitivo) passo verso l’obiettivo ultimo di delineare una disciplina unitaria ed organica per l’intera industria del risparmio gestito, applicabile pertanto in maniera omogenea sia ai gestori di FIA che a quelli di OICVM. Per tutti questi motivi, appare a noi evidente che nell’ipotesi in cui la gestione di un FIA venga delegata a un soggetto terzo, le prestazioni di gestione debbano beneficiare dell’esenzione IVA, in quanto assimilato a quella di un fondo comune ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 1), del DPR n. 633/1972. E ciò, si badi bene, a prescindere da qualsivoglia valutazione di comparabilità del FIA all’OICVM, come invece indicato dall’Agenzia nella risposta n. 628/2020. Tale conclusione trova, peraltro, conferma nell’interpretazione della stessa Agenzia delle Entrate, la quale ha ricompreso nella nozione di “fondo comune” rilevante ai fini dell’esenzione di cui al cit. art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 tutte le tipologie di fondi (es. fondi comuni aperti, fondi di tipo chiuso, fondi immobiliari, ecc.) a prescindere dall’oggetto dell’investimento degli stessi e dal modello organizzativo adottato (si veda, in proposito, la risoluzione n. 97/E del 17 dicembre 2013).