Regime impositivo del trasferimento di un fabbricato estero – commento a Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 18 maggio 2021, n. 350

1 Giugno 2021

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta in commento, analizza il regime fiscale applicabile al trasferimento di talune porzioni immobiliari di un fabbricato sito in Svizzera a una società di capitali di diritto elvetico.

Il caso di specie trae origine dall’istanza proposta da due contribuenti, fratello e sorella, fiscalmente residenti in Italia e aventi doppia cittadinanza – italiana e svizzera. Gli istanti nel 2016 ricevono dalla madre per atto di donazione[1] alcune quote immobiliari di un fabbricato cielo-terra sito in Zurigo.

Essi risultano, quindi, comproprietari pro indiviso delle porzioni di fabbricato, nonché “quotisti interni” di una società semplice svizzera che ha la sola funzione di consentire il godimento collettivo dell’immobile in argomento. In particolare, poiché tutti i coeredi hanno iniziato a gestire l’immobile senza procedere alla divisione o al frazionamento dello stesso, tale circostanza ha comportato “la venuta in essere implicita di una società semplice” che non può essere titolare di diritti di proprietà su beni immobili e non ha neppure facoltà di iscrivere a proprio nome una proprietà immobiliare nei registri fondiari. Inoltre, gli istanti precisano che per effetto del trasferimento delle predette porzioni del fabbricato la società semplice di diritto svizzero si sarebbe estinta.

Alla luce di quanto sopra evidenziato, dunque, i due contribuenti chiedono all’Amministrazione finanziaria se:

  • la plusvalenza conseguente al trasferimento delle porzioni di fabbricato in parola a una società di capitali di diritto svizzero si qualifichi come reddito diverso (plusvalenza immobiliare), a cui risulta applicabile il regime di esenzione per possesso ultraquinquennale ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b) del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (“U.I.R.”) o se, viceversa, tale reddito si qualifichi come reddito di capitale ex art. 47, co. 7, del T.U.I.R., in ragione del fatto che gli stessi risultano “soci” della società semplice di diritto svizzero[2];
  • le azioni eventualmente ricevute in cambio da parte della società di capitali svizzera debbano avere un costo fiscalmente riconosciuto pari al valore di mercato delle porzioni immobiliari trasferite e se tale valore di mercato sia quello determinato dalle autorità fiscali svizzere, oppure il valore normale determinato ai sensi dell’art. 9, co. 2, del T.U.I.R.;
  • in caso di qualificazione del reddito prodotto dal trasferimento come reddito di capitale ex 47, co. 7, del T.U.I.R., i contribuenti siano tenuti a regolarizzare i pagamenti già effettuati a titolo di IVIE, correggendo il codice tributo con quello IVAFE, e se risultino applicabili sanzioni.

L’Agenzia delle Entrate evidenzia preliminarmente che i soggetti istanti risultano i diretti titolari dei beni in comunione e, per tale ragione, il trasferimento della proprietà dell’immobile alla società di capitali svizzera viene posto in essere dagli stessi – nella loro qualità di comproprietari – e non, invece, dalla società semplice residente in Svizzera, di cui questi ultimi risultano quotisti interni.

Per tale ragione, nonostante l’operazione in oggetto comporti l’estinzione della società semplice di diritto svizzero, a parere dell’Agenzia non può prodursi in capo ai soggetti residenti un reddito di capitale ai sensi dell’art. 47, co. 7, del T.U.I.R., in quanto i medesimi risultano comproprietari pro indiviso del fabbricato. Occorre, perciò, fare riferimento alla disciplina sui redditi diversi, nella quale rientrano le plusvalenze immobiliari realizzate da soggetti non imprenditori.

Ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. b), del T.U.I.R., il trasferimento a titolo oneroso di beni immobili produce un reddito diverso imponibile, qualora i) la vendita avvenga entro cinque anni dalla costruzione o dall’acquisto dei medesimi; e ii) il corrispettivo percepito superi il costo storico di acquisto o di costruzione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, poi, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante. Tale previsione di imponibilità trova applicazione anche qualora la cessione abbia a oggetto beni immobili situati all’estero di proprietà di una persona fisica residente in Italia[3].

Il periodo di cinque anni tra la data di acquisto o costruzione dell’immobile e la data di vendita dello stesso è stato previsto dalla disposizione per far sì che vengano assoggettati a imposizione solamente i proventi derivanti dalla cessione di fabbricati con evidenti finalità speculative.

Per questo motivo, l’Agenzia delle Entrate risponde al primo quesito sottolineando che, nel caso in esame, le porzioni dell’immobile sono in possesso dei contribuenti da più di cinque anni (tenuto conto anche del possesso ultraquinquennale riferibile al soggetto donante) e che, dunque, non si verifica il presupposto impositivo in relazione all’eventuale plusvalenza realizzata.

Con riguardo al secondo quesito, relativo al costo fiscalmente riconosciuto delle azioni della società di capitali di diritto svizzero eventualmente ricevute per effetto del trasferimento, l’Agenzia osserva che il predetto costo è pari al valore normale dei beni conferiti, determinato ex art. 9, co. 2, del T.U.I.R.[4].

Infine, viene rilevato che il quesito riguardante l’IVAFE è assorbito in virtù della qualificazione del reddito prodotto come reddito diverso, anziché come reddito di capitale.

In conclusione, l’Agenzia delle Entrate, seguendo il dato letterale delle disposizioni sopra richiamate, arriva ad affermare che per un soggetto residente il regime impositivo del trasferimento di un fabbricato estero segue le stesse regole del trasferimento di un fabbricato situato in Italia, con applicazione della disciplina relativa ai redditi diversi derivanti da plusvalenza immobiliare.

 

 

[1] In questa sede, è appena il caso di ricordare che in generale l’acquisto di immobili in Svizzera da parte di soggetti esteri è regolato dalla Legge federale elvetica del 16 dicembre 1983 sull’acquisto di fondi da parte di persone residenti all’estero (“LAFE”). I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che intendono acquistare un immobile in Svizzera sono, dunque, sottoposti a una previa procedura di autorizzazione da parte dell’autorità cantonale competente. Questa è necessaria anche qualora l’immobile sia già di proprietà di una persona residente all’estero e non è neppure determinante che l’acquisto si perfezioni tramite contratto di compravendita, poiché rientra nella nozione di “acquisto” in oggetto anche il diritto di superficie, l’usufrutto, la donazione e, più genericamente, il trasferimento di tutti i diritti che procurano all’acquirente una posizione analoga a quella del proprietario di un fondo. Tuttavia, nel caso sub specie i due soggetti non sono stati sottoposti alla procedura di autorizzazione LAFE perché in possesso della doppia nazionalità (e pertanto, non considerati stranieri ai fini della legge in questione).

[2] A mente dell’art. 47, co. 7, del T.U.I.R., infatti, si qualificano come utili da partecipazione “[l]e somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto, e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti (…)” per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate.

[3] L’Agenzia delle Entrate, nella risposta in commento, richiama sul punto la propria risoluzione del 21 giugno 2017, n. 143/E.

[4] In base alla disposizione de qua, “[i]n caso di conferimenti o di apporti in società o altri enti si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti. Se le azioni o i titoli ricevuti sono negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e il conferimento o l’apporto è proporzionale, il corrispettivo non può essere inferiore al valore normale determinato a norma del successivo comma 4, lettera a)”.

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