Porre in essere un’operazione di conferimento di partecipazioni seguito da una scissione asimmetrica, entrambi in regime di neutralità fiscale, piuttosto che due conferimenti di minoranza di cui uno è tassato, integra un’ipotesi di abuso del diritto, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Statuto dei diritti del contribuente”). Questo è il principio affermato dall’Agenzia delle entrate, nella risposta a interpello del 20 luglio 2021, n. 493. Tale operazione di riorganizzazione aziendale viene prospettata da una s.r.l., partecipata da due fratelli e dai due figli di uno di questi. Il primo fratello possiede il 50% delle quote della predetta società, mentre l’altro 50% è così distribuito: l’altro fratello ne possiede il 2% in piena proprietà e il 48% a titolo di usufrutto con diritto di voto, avendo donato la nuda proprietà pro indiviso ai propri due figli mediante patto di famiglia. La società istante ha costituito una holding (c.d. “holding comune”) conferendo in essa le partecipazioni di controllo possedute in due società operative operanti nel settore ceramico. Quale passaggio successivo del più ampio progetto di riorganizzazione, i soci si propongono di effettuare una scissione totale non proporzionale in due società di capitali, riconducibili ai due rami della famiglia facenti capo ai due fratelli. Scopo dichiarato dai soci è quello di non partecipare alla s.r.l. di famiglia in modo diretto, bensì mediante le due “holding unifamiliari” risultanti dalla predetta scissione, una interamente partecipata dal primo fratello, l’altra interamente partecipata dall’altro fratello e dai suoi due figli, favorendo il passaggio generazionale di questi ultimi. Per fare ciò, dunque, gli istanti procederebbero a effettuare: Gli stessi contribuenti sono, peraltro, ben consapevoli che al medesimo risultato si potrebbe in astratto addivenire mediante la semplice costituzione diretta di due NewCo di famiglia, all’interno delle quali i due rami della famiglia farebbero confluire le proprie partecipazioni detenute nella s.r.l., attraverso il conferimento delle rispettive quote alle società neocostituite. In tal caso, tuttavia, l’operazione avverrebbe in regime fiscale di realizzo controllato, ex art. 177 del TUIR, per il primo fratello, e al regime fiscale ordinario del valore normale, di cui all’art. 9 del TUIR, per il secondo fratello e i suoi due figli. Ciò perché, per questi ultimi la costituzione diretta di una propria holding unifamiliare tramite il conferimento delle partecipazioni (suddivise tra i diritti parziari di usufrutto e nuda proprietà), rappresentanti il 50% del capitale sociale della s.r.l., non potrebbe fruire né della disposizione di cui all’art. 117, co. 2, del TUIR[1], in quanto manca l’acquisizione, da parte della holding stessa, del requisito del controllo della società scambiata, ex art. 2359, co. 1, n. 1, del codice civile[2], né di quella di cui al successivo co. 2-bis[3], poiché la pluralità dei soggetti conferenti costituisce un fattore ostativo. A parere degli istanti, tuttavia, tale seconda soluzione non porterebbe allo stesso assetto organizzativo ideato, dal momento che solo con l’operazione di conferimento seguito dalla scissione della conferente, le società beneficiarie diverrebbero titolari delle partecipazioni detenute nella holding comune, società nella quale sono state previamente “segregate” le partecipazioni nelle società operative, già detenute dalla s.r.l.. Gli stessi, inoltre, evidenziano che la sequenza di operazioni prospettata non rappresenterebbe una fattispecie elusiva, dato che “non viene realizzato alcun vantaggio fiscale indebito, né tanto meno tale vantaggio appare essenziale”. Detto schema sarebbe supportato, poi, da valide ragioni di tipo economico-gestionale, connesse al passaggio generazionale e alla gestione delle partecipazioni delle società operative. L’Agenzia delle entrate, invece, disattende la soluzione prospettata dai contribuenti, qualificando l’insieme di operazioni prospettato come abusivo. A parere dell’Amministrazione, infatti, l’intero schema presenta una serie di negozi giuridici in buona sostanza superflui rispetto a quelli che sarebbero sufficienti a pervenire allo stesso risultato seguendo la soluzione più lineare. Per l’Ufficio, “non si ritiene motivata l'idoneità della scelta relativa alla combinazione dei due negozi giuridici (conferimento di partecipazioni seguito dalla scissione totale della conferente) in luogo del fisiologico conferimento da parte dei soci riconducibili a ciascun 'ramo' delle partecipazioni detenute [nella s.r.l.] in favore di due holding neocostituite; di fatto, l'intero disegno risponde più fondatamente ad un obiettivo personalistico dei soci persone fisiche (ossia, [di uno dei fratelli] e dei suoi figli) di azzeramento del carico tributario”. La risposta dell’Agenzia delle entrate si espone ad alcune criticità. L’Ufficio, difatti, ha sicuramente il potere di non riconoscere un vantaggio fiscale in virtù di valutazioni di “artificiosità giuridica”[4]; tuttavia, lo stesso non può contestare al contribuente che, per addivenire alla medesima sistemazione di assetti proprietari e interessi economici, quest’ultimo abbia scelto l’alternativa comportante un minor carico fiscale, rispetto a quelle astrattamente possibili. Una siffatta contestazione, infatti, viola lo stesso art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente che, al comma 4, prevede espressamente che i contribuenti sono liberi di scegliere “tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”. [1] Ai sensi del quale “[l]e azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di una società ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento”. [2] Dal momento che la holding unifamiliare non arriverebbe ad acquisire la “maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria”. [3] A mente del quale, invece, “Quando la società conferitaria non acquisisce il controllo di una società, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, né incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo, la disposizione di cui al comma 2 del presente articolo trova comunque applicazione ove ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni: a) le partecipazioni conferite rappresentano, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni; b) le partecipazioni sono conferite in società, esistenti o di nuova costituzione, interamente partecipate dal conferente. Per i conferimenti di partecipazioni detenute in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell'assunzione di partecipazioni, le percentuali di cui alla lettera a) del precedente periodo si riferiscono a tutte le società indirettamente partecipate che esercitano un'impresa commerciale, secondo la definizione di cui all'articolo 55, e si determinano, relativamente al conferente, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa. Il termine di cui all'articolo 87, comma 1, lettera a), è esteso fino al sessantesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione delle partecipazioni conferite con le modalità di cui al presente comma”. [4] Art. 10-bis, co. 2, lett. a) dello Statuto dei diritti del contribuente.