Con la presente risposta ad interpello, l’Agenzia delle Entrate si esprime in merito ai presupposti di accesso al regime agevolativo previsto dall’art. 24ter del d.P.R. 917/1986 (TUIR), con riguardo specifico al requisito della titolarità dei redditi di pensione. L’istante è un soggetto che risiede fiscalmente negli Stati Uniti da 11 anni e che intende trasferire la sua residenza in uno dei comuni delle regioni del Mezzogiorno, sfruttando il regime agevolativo previsto dall’art. 24ter. La peculiarità del caso trattato è da individuare nel fatto che l’istante, pur non avendo ancora raggiunto l’età pensionabile ma avendo cessato l’attività lavorativa, è beneficiario di una serie di emolumenti periodici inquadrati nel programma SEPP (“Substantial Equal Periodic Payments”). Questo programma previdenziale, attuato negli Stati Uniti, consente di ricevere, per un periodo massimo di 5 anni, pagamenti mensili o annuali di somme, prelevate dal fondo pensionistico ordinario, prima del raggiungimento dei 59 anni e mezzo d’età, se il raggiungimento di tale soglia pensionistica è successiva alla scadenza del quinquennio. In estrema sintesi, l’istante si rivolge all’Agenzia delle Entrate per sapere se tali somme periodiche, ricevute dal programma previdenziale complementare de quo, possano essere inquadrate come redditi che consentono di fruire del regime privilegiato ex art. 24ter, e segnatamente come “pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati” a cui si riferisce espressamente l’art. 49, comma 2, lett. a) TUIR, richiamato dall’art. 24ter medesimo. Preliminarmente alla risposta allo specifico quesito, l’Agenzia procede con un excursus relativo sia ai requisiti di accesso che al contenuto del regime agevolativo. L’art. 24ter consente alle persone fisiche, titolari di redditi da pensione, che trasferiscono la propria residenza fiscale in taluni Comuni del Mezzogiorno[1] di esercitare un’opzione in forza della quale i redditi di qualsiasi categoria prodotti all'estero vengono assoggettati ad un’imposta sostitutiva forfettaria con aliquota al 7%. L’opzione ha una validità complessiva di 10 anni. Tra le considerazioni di più rilevante interesse esposte dall’Ufficio, anche attraverso il richiamo ad altri precedenti di prassi, si segnala in particolare che: Quanto alla questione oggetto di istanza (vale a dire l’assimilazione degli emolumenti percepiti dall’istante ai redditi da pensione descritti dall’art. 49 TUIR), l’Agenzia delle Entrate palesa il fatto che con precedenti documenti di prassi ha riconosciuto la qualifica di redditi da pensione a: E’ proprio in quest’ultima classificazione che l’Agenzia inquadra gli specifici emolumenti che il contribuente percepisce nell’ambito del programma SEPP. Tale indirizzo viene assunto pur considerando che le somme che l’istante percepisce non sono assoggettate alla disciplina della previdenza complementare italiana di cui al D.Lgs. 252/2005[2], nell’ambito della quale gli emolumenti versati sono da considerare “redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente” in forza del combinato disposto degli artt. 50, comma 1, lett. h-bis) e 52, comma 1, lett. d) del TUIR. Nondimeno, l’Ufficio considera che la concorrenza di due elementi – individuati nella finalità previdenziale della prestazione e nell’assoggettabilità ad imposizione in Italia di questi emolumenti, in forza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni[3] - consente pacificamente di inquadrare le somme versate dal programma SEPP nel novero delle “pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati” ex art. 49, comma 2, lett. a) TUIR. La risposta in commento dà certamente attestazione di una propensione dell’Agenzia a massimizzare lo spettro applicativo del regime agevolativo di cui all’art. 24ter, in linea con la ratio della disciplina che, come efficacemente espresso nella risposta ad interpello, è quella di “attrarre nei comuni, tra l'altro, appartenenti al territorio del Mezzogiorno i soggetti titolari di capitali e risorse finanziarie che possono essere investiti nel nostro Paese”. Alla luce di tali considerazioni, è ben possibile che nel prossimo futuro l’Ufficio possa proseguire in questo orientamento volto ad accogliere nel regime de quo un più ampio novero di soggetti titolari di prestazioni previdenziali di più svariato genere; nondimeno, occorre ricordare che il più stringente limite ad un ampliamento della platea dei beneficiari è rappresentato da quanto disposto dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con gli Stati di nazionalità dei soggetti che potrebbero trasferirsi. Infatti, come sopra ricordato, occorre che le Convenzioni consentano di assoggettare ad imposizione in Italia i redditi previdenziali percepiti all’estero: sotto questo profilo il Modello di Convenzione elaborato dall’OCSE prevede che l’assoggettamento ad imposizione nello stato di residenza sia prevista solo in merito alle pensioni e alle altre prestazioni previdenziali versate in considerazione di un cessato impiego lavorativo. Ne potrebbe discendere, ad esempio, la preclusione ad includere nel regime ex art. 24ter coloro che sono titolari di pensioni di invalidità. [1] Ovvero in uno dei Comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti, rientranti nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017. [2] Disciplina che, come ben affermato dall’Ufficio, “è riservata, oltre che ai fondi pensione istituiti in Italia in base alle specifiche prescrizioni del medesimo decreto, anche ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell'Unione europea che rientrano nell'ambito di applicazione della Direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2016 e che risultano autorizzati dall'Autorità competente dello Stato membro di origine allo svolgimento dell'attività transfrontaliera”. [3] Viene in considerazione a tal proposito l’art. 18 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE, appositamente rubricato “Pensioni”, che prevede l’imposizione delle pensioni - e degli altri redditi assimilati pagati in considerazione di un cessato impiego lavorativo – nello Stato di residenza del contribuente.