L’accertamento di un fenomeno di interposizione consente la fruizione del credito d’imposta per le imposte pagate dalla società

30 Giugno 2022

Con la risposta ad interpello n. 282 del 2022, l’Agenzia delle Entrate (“AdE”) si è pronunciata su due tematiche di particolare interesse afferenti da un lato alla configurazione dei presupposti essenziali in tema di interposizione societaria ai sensi dell’art. 37, c. 3, del Dpr n. 600/73[1] e dall’altro alla natura giuridica delle polizze “unit linked” ai fini delle imposte dirette.

Con riguardo al fenomeno dell’interposizione societaria, l’Agenzia delle Entrate, premesso che la disciplina di cui all’art. 37, c. 3 del Dpr. 600/73 si applica sia ai casi di interposizione fittizia che reale[2], ha dettato alcuni indici in presenza dei quali una società dovrebbe considerarsi meramente interposta, con conseguente imputazione dei redditi della società al socio persona fisica. In particolare, l’analisi sull’esistenza dell’interposizione deve essere condotta case by case, ponendo l’attenzione sull’attività realizzata dalla società e dei suoi rapporti con i terzi al fine di comprendere su chi ricada effettivamente il potere gestorio e quindi il possesso e la disponibilità del reddito.

Come noto infatti, l’art. 37, c. 3 ha la funzione far gravare l’onere del pagamento delle imposte su colui che è l’effettivo titolare dei redditi in conformità con il principio di capacità contributiva. Ne consegue che soggetto passivo d’imposta non è l’interposto ossia il titolare formale del reddito, ma l’interponente.

Nel caso di specie, l’Istante persone fisica, cittadino inglese fiscalmente residente in Italia dal 2020, aveva costituito nel 2010 una società con sede nel Regno Unito di cui era socio e amministratore insieme con la madre. In seguito al trasferimento di residenza dell’Istante, la madre rimaneva l’unica amministratrice della società. Per come rappresentato nell’istanza, tale società, priva di personale dipendente, detiene i diritti di sfruttamento dell’immagine dell’Istante, possiede una partecipazione del 50% in un’altra società anch’essa sita nel Regno Unito, vanta crediti nei confronti della partecipata a fronte dell’erogazione di finanziamenti, erogati anche ad altre società britanniche.

Tuttavia, a parere dell’Agenzia, la società estera de qua non può essere considerata soggetto distinto rispetto all’Istante, dovendo invece essere considerato soggetto interposto nei confronti del medesimo.

Ciò in quanto, da un lato, seppur formalmente la società appaia costituita per svolgere diverse attività, de facto si occupa essenzialmente della detenzione dei diritti di sfruttamento economico dell’immagine e dei diritti di sponsorizzazione dell’Istante. Essa infatti non ha operato alcun investimento rilevante, né tantomeno ha mai riscosso i crediti da finanziamento vantati verso la partecipata o verso le altre società britanniche. Inoltre, lo statuto sociale non menziona l’attività svolta facendo generico riferimento ad “other sports activities”.

Dall’altro, le decisioni gestorie della società devono essere sostanzialmente imputate all’Istante. Costui, infatti, ha rivestito la carica di amministratore dal momento della costituzione della società e fino al 2020, e solo successivamente al suo trasferimento in Italia è stata nominata amministratrice la madre la quale si occupa della gestione degli investimenti compiuti dalla società, nonché del reinvestimento dei relativi proventi. Ad oggi, la società è quindi, interamente partecipata dall’Istante e gestita da un soggetto appartenente alla sua sfera familiare, con la conseguenza che è all’Istante che sono sostanzialmente attribuibili le decisioni gestorie in ordine all’impiego dei redditi sociali.

Ciò posto, la società è da considerare interposta e tutti i proventi da essa incassati concorrono per effetto dell’interposizione alla formazione del reddito complessivo del solo socio Istante residente in Italia.

Peraltro, a fronte dell’accertamento dell’interposizione fiscale della società estera, l’Agenzia si pronuncia per la prima volta positivamente sulla possibilità dell’Istante di usufruire del credito d’imposta per l’imposta sul reddito pagata dalla società nel Regno Unito.

In linea di principio la disciplina del credito d’imposta di cui all’art. 165 Tuir[3] concerne le sole imposte pagate all’estero direttamente dall’Istante. Ciò nonostante, l’Agenzia chiarisce che posto che il contribuente viene tassato anche sui redditi della società in forza dell’interposizione, la disciplina del credito d’imposta deve potersi estendere anche alle imposte corrisposte dalla società meramente interposta.

Interessanti sono inoltre le conclusioni in merito alla corretta qualificazione giuridica delle polizze “unit linked[4]”. Con la risposta in commento l’Amministrazione finanziaria chiarisce che ogni qual volta in cui si stipuli una polizza appartenente a tale categoria i redditi derivanti dalla stessa sono qualificabili come redditi di capitali ai sensi dell’art. 44, c. 1, lett. g-quater) del Tuir, ossia quali “redditi corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita”. Pertanto, i redditi sono qualificabili come redditi di capitale, soggetti all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% da parte dell’impresa di assicurazione ai sensi dell’art. 26-ter, c.1, del Dpr n. 600/73[5].

Distaccandosi sotto tale profilo dalle conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza civile, con tale precisazione, l’Agenzia chiarisce come la polizza unit linked non deve essere considerata come uno schermo rispetto alle attività finanziarie sottostanti. Pertanto, i redditi derivanti da tale tipo di polizza devono essere qualificati autonomamente come redditi di natura assicurativa, a prescindere dalla qualificazione reddituale del sottostante. Naturalmente, trattandosi di polizza di natura finanziaria, tali redditi saranno imponibili, non potendo trovare applicazione l’esenzione di cui all’art. 34, comma 5, del d.P.R 29 settembre 1973, n. 601.

Infine, l’Agenzia chiarisce che l’Istante dovrà indicare la polizza nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi, e ciò non soltanto per adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale[6] di, ma altresì per provvedere al pagamento dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE)[7], trattandosi di un’attività estera di natura finanziaria da cui possono derivare redditi imponibili in Italia da parte di persone fisiche residenti in Italia.

La risposta in commento è interessante sotto plurimi aspetti. In primis, l’Amministrazione finanziaria individua alcuni indici da cui desumere l’esistenza di un fenomeno di interposizione ai sensi dell’art.37, c. 3, dpr 600/73 facendo leva sull’attività concretamente svolta dalla società e sull’autonomia gestionale della stessa. Si rammenti però che tali indici devono sempre essere valutati caso per caso. Inoltre, si afferma che, a seguito dell’accertamento di un fenomeno di interposizione societaria, l’interponente può fruire del credito d’imposta anche per l’imposta pagata all’estero dalla società. Infine, la risposta in commento sembra porre fine alla questione relativa al regime fiscale delle polizze unit linked, qualificandone i relativi redditi come redditi di capitale di natura assicurativa imponibili ex art. 44 TUIR.


[1] Art. 37, c. 3, del Dpr n. 600/73: “…In sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona…”.

[2] Sul punto si precisa che l’interposizione fittizia configura una ipotesi di simulazione relativa soggettiva ai sensi degli artt. 1414 e seguenti del codice civile, mentre l’interposizione reale è assimilabile alla fattispecie del mandato senza rappresentanza ex art. 1705 c.c. Dal punto di vista fiscale, le due fattispecie divergono in quanto l’interposizione fittizia determina una ipotesi di evasione, mentre l’interposizione reale, al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 10bis L. 212/2000, può configurare una ipotesi di abuso del diritto.

[3] Art. 165, c.1, Tuir “…Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione…”.

[4] La definizione di tali polizze è contenuta all’art. 2 del Codice delle Assicurazioni. Si tratta di polizze vita a contenuto finanziario quelle che offrono la possibilità di associare alla pianificazione patrimoniale e successoria una finalità di investimento finanziario Di regola sono emesse da compagnie di assicurazioni estere e sono caratterizzate da una componente demografica contenuta (1%), nonché da un rendimento strettamente connesso all’andamento dei mercati finanziari. Possono distinguersi tra polizze unit linked in cui le prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di OICR o di fondi interni, e polizze index linked, le quali invece dipendono dall’andamento di indici azionari.

[5] Art. 26- ter del Dpr n. 600/73 “Sui redditi di cui all'articolo 41 [44], comma 1, lettera g-quater), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'impresa di assicurazione applica una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura prevista dall'articolo 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461…”.

[6] Cfr. Art. 4 del DL n. 167/1990

[7] Cfr. Art. 19, c. 13 – 23, DL n. 201/2011.

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