Con la risposta n. 577 del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che gli investimenti in società di cartolarizzazione immobiliare essendo costituiti da proventi derivanti dalla titolarità di beni immobili, mobili registrati e diritti reali immobiliari e non da crediti di imprese target non possono essere convogliati tra gli investimenti qualificati di cui all’art. 13 bis, c. 2-bis, del D.L. 124/19 , potendo al più essere inclusi nella quota libera del 30% del valore complessivo del patrimonio investito nel PIR.
L’Istante, una SICAF qualificata quale OICR PIR compliant , intendendo beneficiare dell’esenzione dei redditi di capitali e dei redditi diversi di natura finanziaria da parte dei propri azionisti, investiva in società di cartolarizzazione immobiliare, chiedendo se tali investimenti potessero essere inclusi tra gli “investimenti qualificati” e quindi rientrare nella c.d. “quota obbligatoria” ex art. 13bis, c. 2 - bis del decreto citato.
A parere dell’Istante, gli investimenti in società di cartolarizzazione immobiliare potevano rientrare tout court tra gli strumenti finanziari del c. 2bis dell’art. 13bis, dovendosi fare riferimento per individuare l’alveo degli strumenti ammissibili ai fini PIR, alla definizione contenuta nell’art. 1 TUF, ai sensi del quale sono prodotti finanziari “gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”, diversi dai depositi bancari e postali.
L’Agenzia delle Entrate, invece, ha fornito una ricostruzione differente. In particolare, in primis ha chiarito che gli investimenti in società di cartolarizzazione possono rientrare astrattamente nel paniere dei PIR alternativi, laddove il titolo sottostante l’operazione di cartolarizzazione sia rappresentato da crediti delle imprese obiettivo della misura agevolativa. A tal fine, ha richiamato la circ. n. 19/2021 ove era stato chiarito che tra gli investimenti qualificati rientrano anche quelli rappresentati da prestiti e crediti emessi da SPV di cartolarizzazione di crediti di imprese fiscalmente residenti in Italia, di imprese UE o in Stati SEE aventi una stabile organizzazione in Italia, valorizzando così il c.d. approccio look throught.
Ciò posto, l’Agenzia ha affermato che perché i titoli emessi da società di cartolarizzazione possano entrare nella definizione di strumento finanziario di cui all’art. 13bis, c. 2.bis, è necessario guardare all’oggetto dell’investimento.
Dunque, laddove le notes emesse dalle società di cartolarizzazione siano costituite da crediti di imprese target, si verte nel campo di applicazione del c.2bis dell’art. 13bis. Se, invece, come nel caso di specie l’oggetto dell’investimento della società di cartolarizzazione è costituito da proventi derivanti dalla titolarità di beni immobili, mobili registrati e diritti reali immobiliari - posto che la norma cita quali strumenti illiquidi solo crediti e prestiti - tali proventi potranno essere ammessi soltanto nella quota libera, ma non potranno essere inclusi nella quota obbligatoria del 70%.