Impatriati: no all’agevolazione se al rientro Italia si è optato per il “regime forfetario”

28 Marzo 2023

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n.190 dello scorso febbraio, ha affermato il principio secondo cui il contribuente che, una volta fatto rientro in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo ha optato per la determinazione dell’imponibile secondo i criteri “forfetari”[1], non può successivamente decidere di avvalersi del regime di favore previsto per gli “impatriati”. Ciò in ragione del fatto che, pur sussistendo tutti i requisiti richiesti per l’applicazione di quest’ultimo, la precedente opzione per il regime forfetario preclude al contribuente di esprimere “a posteriori” una diversa volontà.

Il caso posto al vaglio dell’Amministrazione finanziaria può riassumersi. L’Istante, a decorrere dal periodo d’imposta 2014, aveva trasferito all’esterola propria residenza (anche fiscale) e il proprio domicilio per frequentare un master post lauream, senza tuttavia procedere all’iscrizione all’AIRE. Nel 2020, dunque, faceva rientro in Italia, fruendo del “regime forfetario” previsto dalla L. 190/2014[2]. In seguito, avendo ricevuto la proposta di una nomina come membro del C.d.A. di alcune società, ha chiesto dunque chiarimenti all’Agenzia delle Entrate circa la possibilità, con riferimento ai redditi discendenti da “compenso amministratore”, potessero beneficiare del “regime speciale per i lavoratori impatriati”[3].

Al quesito proposto l’Amministrazione finanziaria ha fornito risposta negativa.

L’Agenzia infatti ha ricordato come l’agevolazione “impatriati” risulterebbe applicabile ai soli redditi di lavoro dipendente, assimilati e di lavoro autonomo, prodotti in Italia, che concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente. Mentre l’opzione per il regime forfetario, invece, comporta che la determinazione del reddito avvenga secondo criteri diversi[4] rispetto alle ordinarie disposizioni del Tuir e che reddito imponibile (da lavoro autonomo) sia assoggettato ad imposta sostitutiva, con la conseguenza che esso non concorrere alla formazione del reddito complessivo.

Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate, richiamando la circ. n. 33/E del 2020, ha osservato dunque il fatto che il contribuente avrebbe potuto valutare, al momento dell’ingresso in Italia, la convenienza tra l’opzione per il regime forfetario e l’agevolazione riconosciuta ai lavoratori impatriati. Ma dal comportamento “concludente” assunto dall’Istante, sostanziatosi nella scelta di aderire al regime forfetario, deve desumersi la volontà del contribuente di non avvalersi del regime impatrati. Con la conseguenza, che “l'Istante non potrà fruire del diverso regime di cui all'articolo 16 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147, negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ossia dal 2022 al 2024).

L’Amministrazione finanziaria, dunque, si pronuncia definitivamente per l’incompatibilità fra i due regimi agevolativi, escludendo che il contribuente possa accedere al regime impatriati nel caso in cui al momento del suo rientro in Italia ha esercitato – e non tempestivamente revocato - l’opzione per il forfetario.

Ferma restando tale affermazione, pare doveroso compiere alcune osservazioni.

Invero, la risposta data dall’Agenzia non sembra essere perfettamente corrispondente alla questione sottoposta dal contribuente, il quale aveva domandato se rispetto agli eventuali compensi ricevuti in qualità di amministratore di società (assimilabili a redditi di lavoro dipendente) potesse beneficiare del regime “impatriati”: il quesito originariamente proposto, in altre parole, non verteva sulla possibile variazione di “trattamento” dei redditi da lavoro autonomo già percepiti, ma su ulteriori potenziali redditi assimilabili a quelli da lavoro dipendente (che comunque non sarebbero stati trattai come reddito da tassare con regime forfettario). A meno che l’Agenzia non abbia voluto implicitamente affermare che il regime forfettario andasse applicato con riferimento a tutti i compensi nel caso specifico percepiti dal contribuente.

Inoltre, secondo parte della dottrina, emergerebbe una parziale contraddittorietà tra quanto affermato in questa sede dall’Agenzia delle Entrate e quanto invece indicato in precedenti indicazioni di prassi.

Sempre con la Circ. n. 33 del 2020, l’Agenzia delle Entrate, aveva infatti chiarito che il lavoratore rientrato nel territorio dello Stato,optando per la fuoriuscita dal regime naturale previsto per le persone fisiche potrebbe beneficiare del trattamento “impatriati” “laddove venga valutata una maggiore convenienza rispetto a quello naturale forfetario”. E ciò, peraltro, senza alcun riferimento ad eventuali comportamenti concludenti.

Non di meno va osservato come con la Circ. n. 17/E del 2017, pronunciandosi sul divieto di cumulo tra l’agevolazione “impatriati” e l’agevolazione “neo residenti”[5], l’Amministrazione finanziaria aveva precisato già in quella sede che: “Il divieto di cumulo, tuttavia, non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme”.

A prescindere dal merito del caso specifico posto al vaglio dell’A.F., appare dunque eccessiva nelle sue conclusioni tale risposta nel momento in cui esclude a priori, oltre che l’utilizzo congiunto del regime forfettario e degli impatriati (implicitamente), anche la possibilità di passare da un regime ad un altro.


[1] Art. 1, c. 54, L. 190/2014 “I contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo, se nell'anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000”.

[2] Regime “ordinario” delle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in forma individuale

[3] Art. 16, D.lgs. n. 147/2015

[4] La base imponibile è calcolata applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività proprio a seconda del codice ATECO relativo all’attività espletata, sul quale viene poi applicata un’imposta sostitutiva

[5] Art. 24-bis TUIR

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