La disciplina dei PIR Alternativi è stata introdotta del legislatore con il D.L. n. 34/2020, al fine di incentivare l’investimento nel capitale di piccole e medie imprese non quotate. In sintesi, la norma prevede la detassazione dei redditi di capitale e dei redditi di natura finanziaria, nonché l’esenzione dall’imposta di successione per gli strumenti finanziari confluiti nel piano. Per beneficiare del regime devono essere conferiti (nel rispetto dei vincoli di legge) strumenti finanziari.
Una delle questioni principali verte proprio sulla qualifica di “strumento finanziario” ai fini PIR, ciò in quanto non esistendo una definizione tassativa, l’ambito di applicazione può ampliarsi o ristringersi in ragione dell’interpretazione formatasi in dottrina e nella prassi.
Una delle questioni più dibattute è se sia possibile conferire in un PIR Alternativo i contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale, o almeno quelli non qualificati ai sensi dell’art.67 Tuir.
Una risposta positiva in tal senso, dovrebbe derivare dalla disciplina tributaria.
Da un lato, l’Agenzia delle Entrate (circ. 3/18 e 12/21) quando delinea l’ambito soggettivo della disciplina PIR esclude dal regime i redditi di capitale che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente e i redditi di capitali e redditi diversi derivanti da partecipazioni qualificate ai sensi dell’art. 67 c. 1, lett. c) Tuir. Sono invece compresi i redditi in esame derivanti da partecipazioni qualificate.
Dall’altro lato, l’art. 44, c. 1, lett. f) stabilisce che costituiscono redditi di capitale gli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione. L’art. 67, c.1, lett. c) Tuir, assimila inoltre alle partecipazioni qualificate il reddito derivante dalla cessione dei contratti di associazione in partecipazione.
Ciò dovrebbe portare a ritenere che, quantomeno da un punto di vista tributario, i contratti di associazione in partecipazione (non qualificati) potrebbero confluire nella quota PIR.
Tuttavia, dubbi sulla possibilità del conferimento dei contratti in questione potrebbero sorgere relativamente all’inquadramento degli stessi nell’alveo della definizione di strumenti finanziari. Secondo gli orientamenti di prassi, infatti, la locuzione di strumento finanziario deve essere assunta secondo la più restrittiva accezione civilistica, che esclude i contratti non cartolarizzati tra cui rientrano quelli di associazione in partecipazioni. Ciò in quanto, tali contratti essendo conclusi tra associante e associato mancherebbero del requisito della negoziabilità.
L’unica eccezione al rispetto del requisito dell’offerta ad un pubblico indistinto (rectius negoziabilità) sin ora è prevista solo per le quote di srl. Il legislatore, infatti, pur non riconducendo le quote di srl al novero degli strumenti finanziari ne ammette il conferimento nei PIR alternativi “abbracciando” – come ha precisato la Consob - “un concetto allargato di strumento finanziario partecipativo”.
Nonostante tale accezione ampia in alcuni casi adottata dall’Agenzia delle Entrate, sembra difficile ricondurre i contratti di associazione in partecipazione alla nozione di strumento finanziario. Sarebbe in ogni caso opportuno un chiarimento.