L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 19/2023, ha chiarito che in sede di liquidazione dell’imposta di successione, il valore del legato di genere, al pari di quello di specie, deve essere dedotto dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie. L’articolo 8, c. 3, del TUS infatti dispone espressamente che il valore dell’eredità è determinato “al netto dei legati” indipendentemente dalla tipologia degli stessi. Di contro, distinguere le modalità di imposizione in ragione della differenza civilistica tra legato di genere o di specie violerebbe il “principio di giusta imposizione”. Il legato è una disposizione testamentaria a titolo particolare che attribuisce al beneficiario la qualifica di legatario. Il legato si acquista all’apertura della successione senza bisogno di accettazione, salvo il diritto del legatario di rifiutarlo. L’onere di pagare il legato grava sul c.d. “onerato” che, di regola, è un erede ovvero un altro legatario. A seconda che il legato costituisce un peso a carico dell’eredità o dell’erede, il Codice civile distingue tra legato di specie e legato di genere. Si definisce legato di specie, il legato che ha ad oggetto il diritto di proprietà o un altro diritto reale su una “res” determinata appartenente al defunto (es. immobile). Si tratta di un legato traslativo, in quanto la proprietà (o il diritto reale) si trasferisce immeditatamente in capo al legatario al momento della morte del de cuius. Il legato di specie costituisce un debito dell’eredità verso il legatario. Di contro, il legato di genere concerne cose determinate soltanto nel genere (es. una somma di denaro). In tal caso, l’onerato dovrà individuare, nel genere, la cosa determinata da attribuire al legatario. Il legato di genere, quindi, fa sorgere un rapporto obbligatorio tra onerato e legatario in forza del quale il legatario diviene creditore dell’erede obbligato alla prestazione che costituisce il legato. Per tale ragione, il legato di genere costituisce un debito dell’erede verso il legatario. La distinzione civilistica tra legato di specie e di genere rileva sul fronte del diritto tributario ed in particolare con riguardo alla determinazione del “valore dell’eredità” cui applicare l’imposta di successione. In particolare, si è costantemente ritenuto che il legato di genere concorresse a formare la base imponibile cui applicare l’imposta di successione ai sensi dell’art. 8 TUS. Ciò in quanto, tale disposizione, nella parte in cui prevede che “il valore dell’eredità è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che la gravano” si riferiva unicamente al legato di specie che costituisce un debito dell’eredità e non anche al legato di genere che costituisce un debito dell’erede. L’affermazione non è priva di criticità. Difatti, affermare che il legato di specie concorre a formare la base imponibile cui l’erede versa l’imposta di successione significa che in capo all’erede è tassata una ricchezza (corrispondente al valore del legato) destinata – per definizione – a essere trasferita al legatario. Ciò, in contrasto con il principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost. Peraltro, anche il legatario è tenuto a pagare l’imposta di successione sul valore del legato medesimo. Di tale problematica ha recentemente preso atto l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 19 in commento. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “ferma restando la distinzione civilistica fra legato di genere e legato di specie, in sede di liquidazione dell’imposta di successione” il valore del legato di genere, al pari di quello di specie, va dedotto dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie”. Tale interpretazione si estende ai contenziosi pendenti e ove l’attività di liquidazione dell’imposta sia stata effettuata secondo criteri non conformi, gli Uffici sono invitati ad abbandonare le relative pretese tributarie.