Con l’ordinanza in commento n. 23862 del 2023, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’ordine di riduzione delle donazioni effettuate dal de cuius, ancora in vita, in caso di esperimento dell’azione di riduzione per lesione della quota di riserva da parte di uno dei legittimari. Con la medesima ordinanza la Suprema Corte ha poi chiarito che il giudice non può rilevare la lesione della quota di legittima, né adottare i provvedimenti conseguenti, nei confronti del legittimario che non abbia proposto una specifica domanda al riguardo. Più nel dettaglio, la vicenda processuale trae origine dall’azione di riduzione per lesione della legittima esperita da un legittimario nei confronti dei suoi quattro fratelli, nell’ambito della successione ab intestato del padre. In particolare, venivano impugnate tre donazioni effettuate dal de cuius ancora in vita in favore di tre dei suoi cinque figli. Contestualmente, l’attore chiedeva la divisione giudiziale dei beni relitti. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda di parte attrice e, per l’effetto, disponeva la riduzione per intero della donazione più recente e la riduzione della seconda donazione, più recente in ordine cronologico, nei limiti strettamente necessari alla reintegrazione della quota di legittima. Condannava quindi i donatari a restituire le relative somme in favore del legittimario leso. La suddetta sentenza veniva impugnata dinanzi alla Corte d’Appello dal donatario in favore del quale era stata effettuata la donazione più recente. L’appellante lamentava che la riduzione integrale della donazione effettuata dal de cuius in proprio favore, pur reintegrando la legittima del fratello, produceva l’effetto di ledere la propria quota di riserva. In accoglimento dell’appello, i giudici di secondo grado riformavano la sentenza impugnata e, al fine di reintegrare la legittima dell’originario attore: La sentenza emessa dalla Corte d’Appello è stata impugnata con ricorso per Cassazione sulla base dei seguenti motivi di diritto: In accoglimento del primo motivo di ricorso, la Suprema Corte ha osservato che, in assenza di un testamento, la reintegrazione della legittima lesa avviene mediante la riduzione delle donazioni effettuate dal de cuius quando ancora in vita, nei limiti strettamente necessari e nel rispetto della quota di riserva del donatario che sia eventualmente anch’esso un legittimario. La suddetta riduzione, ai sensi dell’art. 559 c.c., deve avvenire seguendo l’ordine cronologico delle donazioni, procedendo dalla più recente e risalendo via via alle anteriori, solo se necessario. La Corte di Cassazione, pertanto, ha ritenuto che i giudici di secondo grado abbiano erroneamente applicato l’art. 559 c.c. nel momento in cui hanno ritenuto “quasi coeve” donazioni effettuate a quattro giorni di distanza tra loro (14.04.1982 e 18.04.1982). Si consideri che il criterio cronologico per la riduzione delle donazioni è rigidamente applicato anche in presenza di donazioni effettuate lo stesso giorno, a condizione che dall’atto risulti l’orario della stipula. Ne consegue che possono considerarsi coeve solo le donazioni stipulate nella medesima data, rispetto alle quali non sia possibile stabilire quale di esse sia anteriore. La Corte di Cassazione ha concluso che, diversamente opinando, si renderebbe soggettivo e variabile un criterio che è previsto invece dal legislatore come tassativo e inderogabile. La ratio legis d’altra parte è chiara: tutelare l’irrevocabilità delle donazioni, specialmente quelle più risalenti, e così la stabilità dei rapporti giuridici nel tempo. Quanto al secondo motivo di ricorso, viene parimenti considerato fondato dai giudici di legittimità. Premesso che le disposizioni lesive della legittima (testamentarie o donative che siano) non sono per ciò solo inefficaci o nulle. La legge, infatti, attribuisce al legittimario leso o pretermesso il diritto potestativo di impugnarle attraverso l’azione di riduzione. In caso di esperimento dell’azione di riduzione e di accoglimento della stessa da parte del giudice, le disposizioni lesive vengono ridotte nella misura occorrente ad attribuire al legittimario leso o pretermesso quanto gli spetta per legge. L’azione di riduzione, peraltro, non dà luogo a litisconsorzio, né dal lato attivo né dal passivo, spiegando i propri effetti solo nei confronti delle parti del giudizio. Tutto ciò premesso in merito ai caratteri dell’azione di riduzione, la Suprema Corte ha concluso che l’azione di riduzione è strettamente personale e può essere proposta soltanto dal legittimario leso o pretermesso (o dai suoi eredi o aventi causa), ne consegue che la lesione della quota di riserva non può essere rilevata dal giudice in assenza di una specifica domanda in tal senso da parte del soggetto interessato. Alla luce di tutto quanto sopra, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata rinviando alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per il riesame della vicenda, conformandosi ai principi di diritto sin qui esplicitati.