Con la circolare n. 25 del 18 agosto 2023, l’Agenzia delle entrate esamina alcune problematiche attinenti al lavoro da remoto (cd. “Smart working”), nonchè le principali novità in materia di lavoro frontaliero. Ciò alla luce delle novità introdotte dall’ultimo accordo tra Italia-Svizzera e dalla Legge n. 83/2023. Al di là delle specificità degli argomenti trattati, il documento fornisce all’Agenzia delle Entrate l’occasione per riassumere in un atto di portata generale alcuni dei principi fondamentali in tema di residenza fiscale delle persone fisiche. In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate chiarisce, come ovvio, il fatto che in linea di principio la sussistenza della residenza fiscale in Italia deve essere valutata alla luce dei criteri di cui all’art. 2 del TUIR: a) iscrizione all’anagrafe della popolazione residente; b) residenza in Italia; c) domicilio in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni). Tali criteri sono alternativi tra loro, essendo sufficiente il riscontro di uno solo di essi per attrarre la residenza in Italia. La Circolare contiene alcune precisazioni importanti proprio con riferimento al criterio formale dell’iscrizione all’anagrafe tributaria. Sulla base delle regole dell’articolo 2, TUIR, infatti, il soggetto trasferito all’estero, ma ancora iscritto all’anagrafe della popolazione residente si considera fiscalmente residente in Italia. Il requisito dell’iscrizione all’anagrafe però ha un impatto pratico limitato. Ciò, in ragione della circostanza per cui nella quasi totalità dei casi, anche lo Stato estero in cui il contribuente si è trasferito lo considererà ivi residente ai fini fiscali. Tale conflitto di doppia residenza, non potrà che essere risolto facendo ricorso alle disposizioni della Convenzione contro le doppie imposizioni ed in particolare alle cd. Tie breaker rules che – diversamente dalla normativa domestica – per l’individuazione della residenza fiscale non contemplano il requisito dell’iscrizione all’anagrafe tributaria, ma attribuiscono rilievo alla dimora abituale, al domicilio, al soggiorno permanente, alla nazionalità. A livello Convenzionale, dunque, l’iscrizione all’anagrafe sarebbe irrilevante. Sulla base di tale conclusione non dovrebbero, quindi, più trovare applicazione le contestazioni in passato sollevate sul punto dall’Agenzia delle Entrate. Una seconda precisazione contenuta nella Circolare attiene all’imponibilità dei lavoratori non residenti in Italia. Questi, sia in base alla normativa interna che alla normativa convenzionale, saranno imponibili in Italia, come regola generale, se prestano la propria attività lavorativa in Italia. In tale ipotesi, l’imponibilità in Italia riguarderà solo i redditi ivi prodotti e non gli altri redditi del soggetto. Al riguardo, e in linea con le disposizioni convenzionali in materia, viene chiarito che il lavoro si considera svolto nel luogo in cui il lavoratore è fisicamente presente quando svolge la prestazione per cui è remunerato, indipendentemente dalla circostanza che la manifestazione di tale lavoro abbia effetti nell’altro Stato contraente e dal Paese in cui è localizzato il datore di lavoro per cui la prestazione è effettuata. Da quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate con riferimento ai soggetti non residenti, se ne desume peraltro che lo svolgimento in Italia dell’attività lavorativa non comporta di per sè l’attrazione della residenza in Italia (laddove gli interessi fondamentali del soggetto siano incardinati all’estero). Lo stesso principio si dovrebbe applicare al contrario con riferimento ai soggetti che lavorano all’estero. Il lavoro da remoto è soggetto alle regole generali sopraesposte in tema di residenza. Ancora in relazione alle Convenzioni contro le doppie imposizioni, il documento sottolinea come lo svolgimento da remoto dell’attività lavorativa di lavoro autonomo non pregiudichi la configurabilità di una stabile organizzazione o di una base fissa nel territorio dello Stato. L’Agenzia si è anche pronunciata in riferimento al “regime speciale per lavoratori impatriati”, introdotto dall’articolo 16 del Dlgs n. 147/2015, ribadendo che l’agevolazione non è preclusa a coloro che trasferiscono la propria residenza in Italia, pur continuando a lavorare in smart working alle dipendenze di un datore di lavoro estero. Inoltre, al fine di contrastare il fenomeno dei trasferimenti fittizi di residenza all’estero, nella circolare si fa presente che il dato formale dell’iscrizione all’Aire e la circostanza di prestare l’attività lavorativa parzialmente o integralmente da remoto per un soggetto estero non sono di per sé elementi sufficienti a escludere la residenza fiscale in Italia qualora, da una valutazione complessiva dei rapporti economici, patrimoniali e affettivi, risultino integrati i criteri di individuazione della residenza fiscale nel territorio dello Stato.