ABSTRACT L’ enunciazione del finanziamento soci, concluso verbalmente, nell’atto di aumento del capitale sociale non sconta l’imposta di registro, in quanto l’imputazione determina la cessazione degli effetti propri del finanziamento. IL CASO La questione decisa dalla Cassazione con l’ordinanza n. 1960 del 18 gennaio 2024 non è nuova ma sempre attuale, in quanto l’Agenzia delle Entrate è solita applicare l’imposta di registro a titolo di enunciazione, con aliquota del 3%, a norma dell’art. 9 della Tariffa parte I allegata al DPR 131/96, ai verbali di assemblea nei quali viene menzionato il finanziamento soci. Nel caso vagliato dalla Corte l’avviso di liquidazione veniva notificato al notaio che aveva redatto il verbale assembleare di aumento del capitale sociale realizzato mediante imputazione di un finanziamento del socio concluso in forma orale con la società, e questi decideva di impugnarlo lamentando, tra l’altro, l’assenza dei presupposti integranti l’enunciazione. Il notaio risultava soccombente in entrambi i gradi di merito, ma le sue ragioni venivano accolte dai giudici della Suprema Corte, i quali ravvisavano, nella specie, la causa di non imponibilità prevista dall’art. 22 DPR 131/96. LA DECISIONE La Cassazione ha chiarito con plurime pronunce (cfr. Cass. SS.UU. 14432/2023; Cass. nn. 3839/2023; 3841/2023; 31174/2023; 4840/2022) che i presupposti affinché l’atto enunciato sia soggetto a tassazione ai sensi dell’art. 22 DPR 131/96 sono i seguenti: (i) la concreta citazione, in un altro atto da registrare, di un atto non registrato; (ii) l’identità delle parti dell’atto enunciante e di quello enunciato: la nozione di “parti” non va intesa nel senso civilistico di “parti contrattuali”, bensì in senso lato; pertanto, il requisito dell’identità di parti è integrato dal solo fatto che il verbale assembleare ha la funzione di constatare “la partecipazione dei soggetti intervenuti in assemblea, tra cui i soci e la società” che sono stati parti “in senso tecnico” del contratto di finanziamento enunciato; (iii) limitatamente ai contratti verbali, che gli effetti delle disposizioni enunciate non siano già cessati o non cessino in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Quest’ultima condizione opera, quindi, solo con riguardo ai contratti perfezionatisi verbalmente, per i quali non sussiste un obbligo di registrazione e che sono soggetti a tassazione solo in quanto menzionati specificamente, ovvero “enunciati”, in un atto registrato o comunque da registrarsi. Secondo la Cassazione difetta, nel caso di specie, proprio la terza condizione per l’enunciazione, quella della “permanenza degli effetti” del contratto enunciato, posto che «la convenzione enunciata (il finanziamento) ha cessato i suoi effetti a seguito della definitiva imputazione a capitale della somma già versata dal socio alla società, che ha mutato la causa della datio e che ha determinato l’estinzione dell’obbligo restitutorio della società nei confronti del socio, se non anteriormente, quantomeno contestualmente o in esecuzione dell’atto enunciante». Precisa, inoltre, la Corte che la cessazione degli effetti del contratto di finanziamento, da identificarsi nell’obbligo restitutorio e di corresponsione degli interessi se oneroso, è riconducibile al verbale assembleare “enunciante”, giustappunto come richiesto dall’art. 22, comma 2, DPR 131/86, sicché risulta integrata la causa di non imponibilità prevista dalla citata disposizione. Diverso il caso in cui il credito restitutorio derivante dal precedente finanziamento, enunciato nel verbale di assemblea dei soci, non si estingua integralmente, permanendo anche solo parzialmente quegli effetti che l’enunciazione mira a colpire.