ABSTRACT Secondo la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, ai fini della deducibilità fiscale, l’inerenza dei costi va analizzata alla luce dell’attività cui gli stessi accedono. Nel caso degli influencer, in specie, l’acquisto di vestiario di vario tipo e genere è una condizione strettamente collegata con l’attività svolta e ne rappresenta il necessario presupposto di modo che va ritenuto inerente alla particolare attività professionale svolta. Pronuncia meritevole di attenzione anche in ragione delle indicazioni della circolare operativa n. 1/2024 della Guardia di Finanza che preannuncia controlli sui nuovi modelli di business propri dell'economia digitale. IL CASO Il caso oggetto della pronuncia in commento attiene alla deducibilità fiscale dei costi sostenuti da una influencer. In specie, l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto costi per l’acquisto di vestiario di vario tipo e genere, spese per viaggi, amministrativi e servizi in quanto non inerenti, oltre la relativa IVA ritenuta non detraibile. Nel giudizio di primo grado la contribuente era risultata soccombente laddove la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, concordando con la ricostruzione dell’Agenzia delle Entrate, ha ritenuto infondati i motivi di ricorso nel merito poiché “la prova della sussistenza di componenti negativi del reddito professionale spetta al contribuente che intende dedurre la spesa, onere che non è stato assolto”. Ricorreva quindi in appello la contribuente, la quale censurava la pronuncia dei primi Giudici per aver valutato erroneamente la particolare attività dalla stessa svolta che “non è una semplice giornalista indipendente ma una fashion editor di fama mondiale, unanimemente riconosciuta come guru della moda a livello internazionale e icona di stile”. Pertanto, considerato tale campo di attività, che ha fatto della sua immagine l’essenza stessa della propria attività, si esige l’uso di abiti particolari quale presupposto per lo svolgimento del lavoro che, in quanto tali, vanno considerati strumento di lavoro e non acquisti per mero uso proprio. LA DECISIONE La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia ha parzialmente accolto le doglianze della contribuente laddove ha osservato che i costi ritenuti indeducibili vanno analizzati, con riferimento all’inerenza, alla luce della particolare attività svolta dall’appellante. Sotto questo punto di vista è stato infatti provato, attraverso varie recensioni e articoli di giornale, che la stessa non si limita a svolgere una semplice attività di giornalista che ma è una influencer nel campo dell’immagine e della moda e, di conseguenza, anche il vestiario utilizzato è parte integrante del personaggio e dell’immagine che viene professionalmente spesa. In altri termini, l’acquisto di vestiario di vario tipo e genere è una condizione strettamente collegata con l’attività svolta e ne rappresenta il necessario presupposto di modo che va ritenuto inerente alla particolare attività professionale svolta. Tuttavia, considerato che non risulta fornita adeguata prova dell’uso esclusivo dei capi di abbigliamento acquistati in collegamento a specifici eventi cui la stessa ha partecipato, se ne deve considerare un uso promiscuo, con la conseguente deducibilità dei relativi costi solamente in ragione del 50% come previsto per tali ipotesi dall’art. 54 del TUIR. Diversa è invece la valutazione che deve essere operata con riferimento alle spese per viaggi, amministrative e servizi laddove, difatti, l’appellante non ha dimostrato le ragioni dell’inerenza che, per tali tipologie di spese, non possono ricondursi alla particolarità dell’attività svolta, essendo invero comuni a tutte le attività professionali, sì che devono necessariamente rispondere ai criteri generali dettati per la deducibilità dei componenti negativi di reddito senza eccezione alcuna.