Riconoscimento del credito d’imposta su redditi esteri: i giudici di merito seguono la Cassazione

28 Ottobre 2024

Abstract

La Corte di Giustizia Tributaria (“CGT”) di primo grado di Milano, con la sentenza dell’8 luglio 2024, n. 3184, ha riconosciuto la possibilità di detrarre dall’imposta dovuta in Italia quella versata in Svizzera, anche se il relativo componente di reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo, ma è assoggettato ad imposizione sostitutiva. In particolare, per i dividendi provenienti dalla Svizzera e tassati in Italia al 26%, è ammessa la detrazione della ritenuta del 15% applicata in Svizzera, come previsto dalla Convenzione tra i due paesi.

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Il caso

Una persona fisica ha impugnato il provvedimento di diniego dell’Agenzia delle Entrate alla sua istanza di rimborso per la somma trattenuta in eccedenza sui dividendi esteri derivanti da una partecipazione non qualificata in una società svizzera.

La posizione dell’Amministrazione si orienta verso l’applicazione dell’art. 165 del TUIR, il quale prevede che il contribuente possa detrarre dall’imposta dovuta in Italia un credito per le imposte versate all’estero a condizione che il reddito estero concorra alla formazione del reddito complessivo in Italia.

Il contribuente, di contro, ha ritenuto legittima la sua richiesta di rimborso sulla base della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Svizzera, la quale prevede che non venga riconosciuto il credito d’imposta solo qualora vi siano elementi di reddito assoggettati in Italia a ritenuta a titolo d’imposta per opzione del contribuente.

D’altronde, la Cassazione nella sentenza n. 25698/2022, si era già espressa sulla detrazione dell’imposta versata all’estero, ritenendola legittima qualora i redditi di capitale di fonte estera, direttamente percepiti dal contribuente (persona fisica), siano in Italia assoggettati obbligatoriamente a ritenuta a titolo d’imposta ovvero ad imposta sostitutiva.


La pronuncia

La CGT di Milano, dopo aver definito la motivazione dell’Agenzia come una “clausola di stile”, data l’assenza delle ragioni per cui l’orientamento della Cassazione non troverebbe applicazione, afferma che la tassazione domestica effettivamente intervenuta non è coerente con quanto previsto dall’art. 24 della già menzionata Convezione.

Infatti, “Essa stabilisce che dalla imposta applicata in Italia su elementi di reddito (nel caso di specie la ritenuta a titolo d’imposta del 26%) (…) il contribuente ha il diritto di dedurre integralmente le imposte pagate in Svizzera, salvo che l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana.”

Nel caso di specie, i dividendi sono stati riscossi tramite un intermediario residente in Italia, e quindi la relativa tassazione, ai sensi dell’art. 27, co. 4 del d.P.R. n. 600/1973, è obbligatoriamente avvenuta mediante l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 26% (la cui base imponibile è rappresentata dal c.d. netto frontiera) e non “su richiesta del beneficiario del reddito”.

In conclusione, in conformità con l’orientamento espresso dalla Cassazione nella sentenza n. 25698/2022, dal momento in cui le persone fisiche in Italia non hanno la possibilità di optare per la tassazione ordinaria dei dividendi, si rende doveroso applicare la norma convenzionale e quindi riconoscere al contribuente residente in Italia la possibilità di scomputare dalle imposte italiane il prelievo subito nel paese estero.

Finora, i giudici di merito si sono allineati all’orientamento espresso della Cassazione. In particolare, la CGT Lombardia (n. 567/2024), nel giudizio di riassunzione, ha richiamato il principio di diritto espresso nella già menzionata sentenza n. 25698/2022. Inoltre, la CGT Milano (n. 3184/2024) ha accolto il ricorso del contribuente, rilevando che nel caso specifico la ritenuta era stata applicata per legge e che, di conseguenza, il credito doveva essere riconosciuto[1].

Questi precedenti rappresentano senz’altro un segnale positivo per i contribuenti che hanno già presentato (o intendono presentare entro 48 mesi dall’assoggettamento a ritenuta o dal pagamento dell’imposta sostitutiva) una richiesta di rimborso del credito d’imposta. Tali contribuenti, infatti, potrebbero essere incoraggiati a ricorrere alle corti di giustizia tributaria competenti contro eventuali dinieghi da parte degli uffici.

L.A.


[1] In questo senso si sono espressi anche la CGT Rieti (n. 27/2023), la CGT Siena (n. 68/2024) e, più di recente, la CGT Verona (n. 321/2024).

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