Con la risoluzione n. 12 pubblicata il 14 febbraio 2025, l’Agenzia delle Entrate, superando i dubbi creati da una giurisprudenza piuttosto ondivaga, ha chiarito che, nell’ambito dei patti di famiglia, ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione alle “attribuzioni compensative” disposte dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario, l’aliquota e la franchigia sono determinate tenendo conto del rapporto di parentela o di coniugio intercorrente tra disponente e legittimario non assegnatario. Il patto di famiglia è il contratto attraverso cui un soggetto in vita trasferisce, in tutto o in parte, la titolarità dell’azienda o delle partecipazioni societarie ad uno o più discendenti in linea retta. Ai sensi dell’art. 768 quater c.c., l’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni deve compensare i non assegnatari con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote riservate ai legittimari, salvo loro espressa rinuncia. Sotto il profilo tributario, l’art. 3, co. 4-ter del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, prevede una specifica esenzione secondo la quale «I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta» Detta previsione normativa stabilisce che l’esenzione dall’imposta di donazione e successione debba trovare applicazione nei patti di famiglia qualora il disponente trasferisca a favore dei discendenti: Con riferimento all’ambito applicativo dell’esenzione de qua, la Circolare AdE n. 3/E/2008[1] ha sancito che l’agevolazione in esame «si applica esclusivamente con riferimento al trasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, e non riguarda anche l’attribuzione di somme di denaro o di beni eventualmente posta in essere dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni sociali per compensare gli altri legittimari non assegnatari». In un primo momento la giurisprudenza di legittimità[2] ha proposto un’interpretazione restrittiva dell’esenzione, statuendo l’assoggettamento all’imposta sia per il trasferimento dell’azienda o della partecipazione dal disponente al discendente (eccezion fatta per i casi in cui si verifichino le condizioni di esenzione di cui all’art. 3, co. 4 ter), sia per la corresponsione di somme compensative da parte dell’assegnatario dell’azienda o della partecipazione ai legittimari non assegnatari (per es. il coniuge) in base all’aliquota ed alla franchigia relative al rapporto tra assegnatario e legittimario. Successivamente, la Corte di Cassazione, per mezzo di diverse pronunce[3], ha revisionato parzialmente il proprio orientamento, decretando che «alla liquidazione operata dal beneficiario del trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario è applicabile il disposto del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 58, comma 1, intendendosi tale liquidazione, ai soli fini impositivi, donazione del disponente in favore del legittimario non assegnatario, con conseguente attribuzione dell’aliquota e della franchigia previste con riferimento al corrispondente rapporto di parentela o di coniugio». Tale impostazione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 12 del 14 febbraio 2025, con invito agli Uffici a riesaminare i procedimenti pendenti interessati dalla questione. A titolo esemplificativo, qualora un imprenditore assegni, attraverso un patto di famiglia, una determinata quota societaria ad uno dei suoi figli, quest’ultimo sarà obbligato a corrispondere alla propria madre ed ai fratelli (legittimari non assegnatari) una somma di denaro equivalente al valore della quota di legittima loro spettante, se questi non vi rinunciano. Detta attribuzione sarà soggetta all’imposta sulle donazioni con l’applicazione dell’aliquota e franchigia relative non già al rapporto tra beneficiario e legittimario non assegnatario (6% e 100.000€ di franchigia), bensì a quello esistente tra disponente e legittimari (4% e 1.000.000€ di franchigia). Pertanto, sulla base degli orientamenti adottati tanto dai giudici di legittimità quanto dalla prassi amministrativa, l’esenzione di cui all’art. 3, co. 4-ter, TUSD si applica al patto di famiglia solo limitatamente al trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni societarie in favore del discendente beneficiario, non estendendo tuttavia i suoi effetti alle “attribuzioni compensative” da parte del beneficiario verso gli altri legittimari, che saranno tassate secondo le aliquote e le franchigie applicabili in base del rapporto di parentela esistente tra il disponente e il legittimario non assegnatario. [1] Ribadita anche dalla Circolare AdE n. 18/E/2013 [2] Cass. ord. n. 32823/2018 [3] Cass. ord. n. 19561/2022 e n. 19627/2024